Grafia ladina unitaria

In questa pagina troverete notizie utili in relazione all’utilizzo della grafia ladina unitaria. In seguito troverete anche alcune esemplificazioni che renderanno chiare le nuove modalità di scrittura introdotte.


Scrivere in ladino. Da sempre l’Union Ladina incoraggia la nostra gente a scrivere in ladino, riconoscendo in questa pratica una grande forza “identificativa”. Se guardassimo alla produzione scrittoria del passato, ci renderemo conto che i vocabolari e dizionari, le eventuali grammatiche, le elencazioni toponomastiche (ossia l’insieme della raccolte lessicografiche) relative al ladino dell’area centro-cadorina hanno adottato vari sistemi per la resa grafica delle nostre parlate, senza però che vi fosse fra loro un coordinamento di fondo. Ogni autore o gruppo di autori ha adottato il sistema che più riteneva idoneo (forse più scientifico?), spesso ispirandosi a  scelte precedentemente attuate in altre aree ladine.


Legge 482/99 e sue implicazioni sulla grafia ladina. La legge 482 detta le norme sulla tutela delle minoranze linguistiche storiche, prevedendo fra le altre cose l’utilizzo delle lingue minoritarie riconosciute dallo Stato italiano sia nella Pubblica Amministrazione che negli Istituti Scolastici. Questa opportunità ha dato una spinta decisiva alla ricerca e definizione di uno standard grafico che permettesse a tutte le varianti linguistiche che caratterizzano la comunità ladina della Provincia di Belluno di potersi esprimere con uno strumento “unitario”.


Verso la fine del 2003 la Commissione scientifico-culturale dell’Istituto Ladin de la Dolomites, con la collaborazione della professoressa Piera Rizzolatti, docente di Lingua e letteratura friulana presso l’Università degli Studi di Udine, dette avvio ad un programma per l’approntamento e successiva proposta di una grafia unitaria delle parlate del territorio ladino bellunese; la Commissione, dopo una attenta e dibattuta analisi di tutto il materiale raccolto,  in una riunione tenuta il 9 dicembre del 2004, giunse all’approvazione di una prima proposta di grafia unitaria.


La definizione di questo strumento ha comportato la stesura e pubblicazione, ad opera dell’Istituto Ladin de la Dolomites, dell’opuscolo “Scrivere il Ladino – Manuale di avviamento all’uso della grafia ladina” guida di riferimento che ho utilizzato per elaborare queste brevi note e buona parte degli esempi che illustrerò in seguito; gli esempi sono circoscritti alla casistica propria della sola parlata centro-cadorina (in carattere grassetto le parole in ladino; affiancate, con carattere  normale, le rispettive parole in italiano. Le note in rosso evidenziano le modalità principali utilizzate in passato per esprimere l’elemento preso in esame e che, per restare fedeli alle norme della grafia unificata, bisogna evitare di riproporre).

Esemplificazioni d’uso della grafia ladina.

  • c (occlusiva velare sorda)
  • caligo nebbia, cuna culla, cros croce, todesco tedesco
  • [l’uso della k (del grafema k) come in kaligo, kuna … ]


  • c (affricata palatale sorda)
  • ciacolada chiacchierata, vece vecchi, pìciole piccole, ciuso chiuso, cichera chicchera
  • [l’uso del grafema č (c che sorregge il segno diacritico della “corona”) o altri similari, come in čakolada, veče, pìčole, čuso, čikera]


  • ch (occlusiva velare sorda seguita da vocali anteriori )
  • chesta questa, se chipa si accasciano, checolà balbettare
  • [l’uso della k come in kesta, se kipa, kekolà]


  • g (occlusiva velare sonora)
  • garmal grembiule, gorne grondaie, grassa letame, begarola civetta
  • [niente da segnalare]


  • g (affricata palatale sonora)
  • gendarmo poliziotto, stagion stagione, onge unghie, angiol angelo
  • [l’uso del grafema ğ (g che sorregge il segno diacritico della “corona”) o altri similari, come in ğendarmo, stağon, anğol ; l’uso del grafema j]


  • gh (occlusiva velare sonora seguita da vocali anteriori)
  • ghigna ceffo, laghe laghi, sghirata scoiattolo, braghe pantaloni
  • [niente da segnalare]


  • gn (nasale palatale)
  • gnoco gnocco, sgnapa grappa, gnome nome,
  • [l’uso del grafema ñ come in ñoko, ñome …]


  • s (fricativa alveolare sorda)
  • siora signora, maschera maschera, saroio sole, rossa rossa
  • (notare che in posizione intervocalica, come in rossa, si deve ricorrere al digramma -ss-, per evitare di confonderla con la fricativa alveolare sonora , detta anche s dolce)
  • [niente da segnalare]


  • s-c (fricativa alveolare sorda + affricata palatale)
  • s-ceta schietta, s-ciara albume, s-cios chiocciola, mus-cio muschio
  • [l’uso del grafema č (c che sorregge il segno diacritico della “corona”) o altri similari come in sčeta, sčara, sčos, musčo]


  • s (fricativa alveolare sonora)
  • sbramosà appagare,  disnà pranzo,  desgrazia disgrazia,  sloda erica
  • [l’uso del grafema š come in šbramošà, dišnà, šloda o altri segni diacritici distintivi]


  • z (fricativa interdentale sorda)
  • usanze tradizioni,  zenza senza,  zirie rondini,  zempedon bicollo
  • [l’uso del grafema ž come in ženža, žirie o altri segni diacritici distintivi, l’uso del digramma th]


  • d (fricativa dentale sonora e occlusiva alveolare sonora)
  • (sono entrambe rappresentate dal grafema d)
  • [l’uso del grafema ð e l’uso del digramma dh]


Oltre alle regole specifiche appena illustrate bisogna anche tener conto che:

  • la nasale davanti ad occlusiva bilabiale (-p, -b) è rappresentata sempre da n- (quindi cianpo e non ciampo, cianpanì e non ciampanì);
  • l’occlusiva labio-velare è rappresentata con il digramma cu-; mantengono qu- solo i nomi storici (toponimi o antroponimi) per cui sarà cuindese e non quindese ma sarà anche Quoilo e non Cuoilo;
  • la fricativa alveo-palatale sorda è resa con i trigrammi sci- sce– come in italiano;
  • l’utilizzo degli accenti è ridotto drasticamente rispetto all’uso, spesso scriteriato, fattone nel passato. Si mette l’accento grave sulle parole tronche polisillabiche che finiscono in vocale (come ad esempio gli infiniti verbali magnà mangiare, lavà lavare oppure cafè ecc);
  • i monosillabi non vanno accentati (a meno che non si tratti d’infiniti verbali e di monosillabi che altrimenti risulterebbero omografi, del tipo la articolo  e avverbio; e congiunzione ed é terza persona del verbo essere; a preposizione e à terza persona del verbo avere). Nei casi di sostantivi e verbi omografi, sarà il verbo a portare l’accento (val valle, vàl vale);
  • le parole piane (bisillabi o trisillabi pronunciati sulla penultima sillaba) non vanno accentate (tola tavola, toaia tovaglia, scarpa scarpa);
  • le parole sdrucciole (trisillabi accentati sulla prima sillaba) portano l’accento per facilitarne la pronuncia (crésema cresima, piàdena zuppiera, scòpola batosta)
  • nel caso di parole che risulterebbero omografe si usano gli accenti (aperti e chiusi) per indicare il timbro della vocale (pés pesce, pès piedi, óra ora, òra opera)

Per ogni ulteriore approfondimento fare riferimento al già citato opuscolo edito dall’Istituto Ladin de la Dolomites intitolato “Scrivere in Ladino – Manuale di avviamento all’uso della grafia ladina“.

Danilo De Martin

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