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Poesie in italiano
Anno mirabilis
Anno mirabilis 1998
Bufera di marzo
"Flautus vocis"
Frammento per decostruire una vita
Frammento, radice matrice
Gradiva fiore segreto
Janarosa & Lingabello:prosa/poesia
L'albero lirico
La sognatrice stanca
La solitudine del poeta
Le cosmicomete
L'esame
Metafore astruse
Mia cara Linuccia
Natale
Nel laboratorio del cielo
Perchè non conosce ragione
Sacerdotessa taurina
Sognare dopo Sigmund Freud
Solo fin'ora la vita
Un altro presepio
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genziana

La solitudine del poeta

Mai nato Malnato Neonato Poi nato. Solo
isolato alienato svasato dall’uovo de-umbilicato
e sganciato dall’astro solare-lunare, naufrago
cieco, barcolli nel chiaro altomare. Dov’è la mare?

Mi dici: non lo sbilancio, ma la distanza ci frega,
ci ruba; dislega la lega, disgrega la N.A.T.O.
Ma come nato se il nodo s’ è sempre snodato
e sempre si vola nel vuoto sfiaccati-schiacciati-sfiniti?

Ma come legato alla corda che mena la testa
la ruota che slitta nel fango, la mano che morde
la vita? Lumache coinvolte nell’ autodidatta corsia
travolte dai mise en abyme, imbarlumate dai fari

dei nonfarnullati, da voci e rumori radicalmente
sradicalizzate dal fare toccare amare dormire,
poiché più nessuno sa come morire --
altro che dialogare sfiorire ed infine impazzire.

Solo soletto mi leggo il fumetto che squadra
il mio cerchio assoluto, l’elisse senz’asse, la voglia
che sfoglia l’inverno, la voce che in-segna la luce.


(3 giugno 1997)

genziana

Frammento, radice matrice
per Patrizia Reis

Multiforme dall’uovo del mondo
sguscia radice / matrice: madre feconda
sei paradosso di lucenera che informa
trasforma disvela il silenzio abissale.
Dall’oltre passato-presente-futuro rinasci
di nuovo, di nuovo; sempre di nuovo
schiarisci l’oltranza immanente, l’umano
vuoto assoluto. Da quale covata t’aspetto --
sospeso sospetto dispetto? La madre marina
(e forse mariana) sorpresa nel cielo fra stelle
comete, frammenti di lustri dispersi nel vuoto
c’insegna di nuovo la nenia, l’ amore/dolore
che spinge dipinge dislega annega radici?
Dal neronulla degli astri a qualche minima nota
infantile, stonata -- così risuonava la vita,
così l’oltrevita rifatta forse di nuovo come
l’Ur-uovo di madre sospeso in vitro: uva,
chicco staccato dall’ Eva per disincantare
l’immane conflitto infinito...

Geronimo, dal calice del mondo discendi, lamento
di stella t’incarni col vento nel vasto silenzio
di Sierra Madre. La terra tua madre, le piante
sentieri di luce, pozzanghere d’acque. L’unico
sogno ti spinge: libero come cavalli vestiti di vento
di sole, lampeggi di luna, rumori neonati
dal cavo di donna per mimetizzare
per concretizzare l’obliquo futuro. Apache,
guerriero, uno fra i mille dei freedom fighters
ferito/tradito dal sogno di pace. Prima di Martin
col ritmo del cuore ormai tu pregavi
"I have a dream... I have a dream...I have a dream"
per forse spianare l’atteso tuo Golgota eterno
sfiorito: "O Gran Padre Bianco, lasciami andare;
libero devo/voglio morire, misto con la mia terra
di nuovo rifarmi cenere polvere vento"...


(30 agosto 1997 Rev.1/ 31 agosto 1997)

NOTA
"O Gran Padre Bianco" : -- Nel 1905 l’amerindiano Apache, Geronimo, quattro anni prima di morire, domandò al presidente statunitense Teddy Roosevelt il permesso di esser liberato dalla prigionia della riserva indiana, nell’Oklahoma; desiderava morire, libero, fra i pochi rimasti della sua tribu, nel territorio della Sierra Madre. Permesso rifiutato, Geronimo morì, sempre prigioniero di guerra, il 17 febbraio 1909 da infezione polmonare; ritornando, ubriaco, da un bar della riserva, era caduto da cavallo e rimasto per tutta la notte in una pozzanghera d’acqua che affiancava il sentiero vicino al suo villaggio indiano.



genziana

Gradiva,fiore segreto
per Luigi F.

Gràdiva, fiore mai colto dall’altipiano
segreto, t’annaffia la tua fontanella
là dove una volta l’umano gradiva l’afflato
scartato dal verso, forse l’inverso
di un verbo; morto il divino nè Giove
più giova nè qualche spennato cacume
d’oltranza. Basta la tua gravitante presenza
tu terra matrice, tu pollinante escrescenza
che stai, pieno-vuoto d’un moto. La carne
ci morde, la notte ripiega una vita.
Così cade il petalo nudo e tutto s’atterra
tutto si smagra, si spoglia, s’intenerisce,
così l’umano un fiore gradisce/tradisce.


(31 ottobre/1/novembre, 1997)


genziana

Solo fin'ora la vita

soltanto la mia vita fin’ora
un piccolo prato segreto --
odori rumori dolori
silentemente raccolti
poi trapiantati --
rododendro, stella
alpina, nontiscordardime;

fin’ora la mia vita solo
magro schiarire di stelle
un raro sfiorire di luna
fischio di merlo, graffio di corvo
striscia di serpe , riflesso d’onda
sul verde orizzonte che sbanda...


(16 novembre 1997)


genziana

Nel laboratorio del cielo,

spesso ho sentito dischiudersi
le palpebre scure del cielo,
le stelle con labbra di fuoco
brillare un linguaggio segreto.
Diogene non sono, non sono Geremia
che attende il nerume più vero;
neppure quel tipo odisséo che fruga
nell’oltre-oceanico. La notte
invita l’aurora, la luna schiarisce
nel sole e tutto ci dice del nulla
col fiore che qui si risveglia ...


(28 feb. 1998)

genziana

Bufera di marzo

Antica neve, grandine, ghiaccio, ritorni
ripeti richiami; rami spezzati-atterrati
mulini di fiocchi vorteggiano, passeri
affrontano trombe lanciate dal polo
un cupo cielo d’argento troneggia
son morte le luci: semafori spenti
le strade vuote, un disteso biancore--
non soffri principio né fine, sparita
ogni uscita dal mappamondo terreno
scarse correnti afferrano fili distorti
i nostri telefoni gracchiano, ammutoliti.
I gatti compagni (Seamus, Boudicca)
sono impazziti: lottano scorrono
come lampàre, graffiano-scalano
scale e coltrine poi piano piano
scappano sotto i lenzuoli dove, nascosto,
anch’io ripropongo un’attesa di luce. Fuori
tutt’urla strappa sbiadisce, disfiáta
qualunque sirena del pronto ricorso.
Nulla più tiene: giornali-immondizie
scaraventati; spettri detriti segnano
qualche sommerso pensiero sentiero
scoiattoli muti stanno intanati;
un giovane corvo s’invischia
alla nostra finestra in cucina
vuole mangiare o sapere qualcosa?
Soltanto l’umano si crede più sano.
EL NIÑO preannuncia che cosa?
"nada," rispondono, "Nada..."


Hammond, Indiana (9 marzo 1998, dalle ore 6:30 alle 11:45 di mattina)


genziana

L'albero lirico

Art is the attention we pay
to the wholeness of the world.
-- Guy Davenport


con cupe parole
abbiamo disfatto
le vaste foreste,

fammi rifiorire
come foglia
sempreverde...


(19 marzo 1998)

CITAZIONE:
"L’arte è l’attenzione data alla totalità del mondo." -- Guy Davenport


genziana

Sacerdotessa taurina

Raro, radiante uccelletto, sei
rosso sanguigno come il tuo petto
che straripa goffo d’aurore
per irrorarmi d’albume marino;
ogni mattina sorvoli e discendi
sul vuoto giardino
rasenti l’erba ingiallita
imbecchi la scabra semenza
che sempre con te condivido.
Fragile fonte, dischiudi l’ardore
e t’inabbissi nell’ orizzonte
più estasiata del ballo taurino
quando t’ imporpora
l’arco che ammanta e ti disgrega.


(26 marzo 1998)

POSTSCRIPT:
Poesia come ricerca, scavare, oppure evasione e volo? La sacerdotessa taurina m’ è colata dentro poichè quasi ogni giorno, dalla finestra di camera, osservo la visita di un uccello tutto rosso, un "cardinale" (Cardinalis cardinalis; vive principalmente sui lati est, midwest e sudovest degli Stati Uniti ). Sembre insieme alla sua compagna dato che questa specie si accoppia per vita, viene puntualmente a mangiare i semi offerti. La loro fedele presenza s’ è così per me metaforizzata/mimetizzata: una "sacerdotessa", una "fragile fonte" che fra tant’altro eccitano quel più di un "ballo taurino" (vedi: Man and his Symbols, di Carl G. Jung, Myth and Reality di Mircea Eliade, The White Goddess e The Greek Myths, 2 volumi, di Robert Graves

genziana

Mia cara Linuccia,
-- alla sorella Lina

mite spavalda umile forte
lampeggi e spalanchi balconi
finestre portoni: doni, raccogli
e sparisci di nuovo, ma
sempre ritorni e rinnovi l’ardire.
Saprò se mi sfiora
la schiena le labbra i capelli
l’umore degli occhi socchiusi
quel tambureggiante tam-tam
del tuo cuore che annaffia lo scoglio
del nostro confine? Lo so: mi
scuote, mi lava, mi fa rinverdire
l’aurora che illustra la tua primavera.

(7 aprile 1998)


genziana

Perchè non conosce ragione

Amore è l’anello che lega
perchè non conosce confini.
Ti ho amato, tu m’hai abusato
quando sognavi controllo totale
invece di convivenza; tesoro,
avere mai compra l’ amore.
Così ci avvelena la gelosia,
disfá la fragile tua simpatia
fra l’essere-avere per divenire.
Il nostro mestiere non è possedere.
Catene e prigioni non sono ragioni
per condividere chiare stagioni
sui prati odorosi del nostro svanire
fra curve stellari e spiagge divine...
Umano bisogno pazzesco, ossessivo,
quel pigro nostro volerci mangiare
che spesso ingiottisce anche l’aria
strisciata di luna, la pallida aurora
agganciata alla morbida schiuma.
Anello che tiene, l’amore,
perchè non conosce ragione.

(6 maggio 1998)


genziana

Le cosmicomete

T-meno zero: lanciate dal nero assoluto
le semiologie impregnano un vuoto.
nasce novella la supernova
scatta il pulviscolo
dell’ infinito.
l’ io
non-dio
forse risponde
dall’ orlo del mondo
rinato di nuovo di nuovo
sempre di nuovo.
s’incarnano l’alfa e l’omega.
si neutralizza la sorte
nel vorticare di luci là dove
tutto richiama, ritorna, ripete
e piovono sempre le cosmicomete

(10 maggio 1998)

genziana

L'esame

1.
Simbiotismo, simpatia, sinergia
la prigione umbilicale mi rilega
a questo vuoto rispecchiato
sullo sfondo senza uscita.
L'esame di coscienza rompe il pelo
Che nasconde falso e vero?
Ossessivo questo bruco prepotente,
ora m'illumina un gatto sornione:
Raccolto in se stesso m'insegna la stasi.

2.
Innocenza e prepotenza, due gemelli
come Giano riflessi nel mio stagno
sospingono la sfida. Qualche barlume
m'illude aldilà di questa muraglia
incastellata da cozzi aguzzi? Fosse
quel padre possente marino-divino
a disfarmi il confine…Lo spero.
Adesso l'aspra risacca risucchia la luce,
la vela s'inchina verso l' alone di sera.

3.
Eusebio, che oltranza nascondi
mentre incalza più feroce la bufera?
Non c' è scampo che scompigli
l'immanenza, sia madre o matrigna
sia mosca o girasole? Attendo l'anguilla
più freccia che frusta, più fronda
ghiacciata che croce, pegno d'oltranza
incarnata nel grumo d'un angelo nero:
la piuma che segna un brandello del vero.


(15-21 maggio 1998)

genziana

Frammento per decostruire una vita

"In the arc of existence, each being is
wholly dependent on the matrix we all make."
Susan Griffin, "The Eros ofEveryday Life"


Silence accrues slowly, like the minuscule
skeletons of a coral reef.Silence can rise
suddenly, at the speed of darkness
Vorrei rinnovare memorie disfatte dalla mia sera
nel mare terreno, un nuovo rifarsi/disfarsi neutrale,
filamenti placentali, particelle-navicelle elementari
che colludono nel nuoto. Un grido corrompe il silenzio.
Guizzo d'anguilla si sgancia dal vuoto che sbanda
fra Nulla e la cuna, mal depistato su questo pianeta
come cometa tuffata nell' oltremarino. Ecco
un decollo nel vasto finito da dove sorteggia la luce.
Gorgheggi d'onda. Le dita annaspano il vuoto.
Labbra risucchiano l'aria. Penombre turchine
frammentano la lucenera. Odori-rumori incompresi
carezzano il mondo. La fame rimane. E domani?
Amore è l'aroma di latte di madre. Disfama. Disseta.
Rallegra. Il sonno ristora la pace: il mare uterino
per sempre m'annega. Ancora sogno passato e futuro
ma dopo, l'urlo sfacela la fame? Le mani afferrano,
labbra risucchiano scatta la trottola gira, rigira.
Deforma il domani quel gancio di scampo inatteso.

(2-5 giugno 1998)

NOTA: Le prime tre strofe sono parole citate da The Word of a Woman: Feminist Dispatches, Second Edition. Robin Morgan, W. W. Norton & Company, New York, © 1994; p. 194.
Copyright © 1998 dell'autore. Diritti riservati.


genziana

"Flautus vocis"

Se al principio fu solo il verbo
la fine s’incarna nel vermo?
Da polvere al nome sfila la ruota
infinita, la rosa cupa del mondo,
fulcro fra l’essere-avere e divenire
che forse tesse l’inganno domani.
Da gravida estate quest’anno
sovviene una foglia di quercia
tagliata dal vento, come
la piuma sfogliata dall’ involato
gabbiano: minimo flauto di voce.
(28 giugno 1998)

NOTA:
il titolo puòanche essere, fra altre cose, un "lapsus" freudiano.



genziana

Jonarosa & Lingabello:prosa/poesia

I fratelli Yin e Yang non avevano ancora finito di dividere fra di loro
l’universo. Mentre, assorti, cercavano di spartirsi con giustizia tutti i
beni, s’imbattono in due creature del tutto sconosciute: una fanciulla
dalla pelle trasparente come l’acqua di un ruscello di montagna e dai folti
capelli lunghi e rosacei. La teneva per mano un giovane alto, snello dagli
occhi cupi che rispecchiavano la notte fonda e con capelli ricciuti color di
ebano. "Chi sono? Da dove vengono"? Si studiano fra di loro, ma nessun
fratello sa rispondere.
Senza paura, la bella Jonarosa alza la testa e fissa lo sguardo su Yin.
Tutto è quieto. Soltanto si parlano con le pupille accese. Lingabello
accosta Yang e gli porge la mano. Si salutano senza parola, con un lieve
riverbero di tenerezza. Ma sono muti? Chi romperà per primo il silenzio?
Anche tutto il creato sembra addormentato, senza alcun rumore. Il fischio
lontano di qualche strano uccelletto rompe l’incanto. E da lontano risponde
un’alta nota, come di flauto. Liquido tra i rami si annuncia uno spicchio
di luce. La quiete si scatena in un fragore di tuoni, di voci e di
richiami. É nato il verbo. Sparisce l’incanto; è morto il silenzio.

(2 luglio 1998)


genziana

La sognatrice stanca

Stremata, senz’acqua, senza rima
barcolli tra le sabbie del deserto
senza strada, senza luna: invisibile
un confine, cancellato ogni barlume
continui ad occhi chiusi mai sapendo
s’eri al bivio che conduce alla corrida.

Sola e nuda, t’imbattevi nella sfida.
Una spina ti spingeva mentre il dubbio
logorava ogni passo che schiudevi:
dov’è il mago che t’attira? Perchè sola
sorpassare ogni barriera se la meta è
sempre scura, sempre cambia, sempre gira?

Filamenti cristallini come fiaccole inaccese
son le mani che t’innalzano all’altrove,
lucenere incandescenti t’invitano a ballare
oltre il varco, l’orizzonte, oltre il mare
senza spuma. Vieni, ancella Jonarosa
passa il muro che cancella la pianura
dalla sfida conquistata prorompe l’aria pura.

(29-30 luglio 1998)


genziana

Un altro presepio

Nella mia stalla rumina la mucca
e ruzzano i maiali nel porcile,
sulla strada graffiano galline
stanche, vecchie, maligne.

Nel frattempo dall’oltranza
cade un figlio, segno nuovo?
Lo vogliamo un redentore
che conduce all’oltreumano.

Sei la nenia o sei la foce vera?
Ma cade la sera e tritola ancora
sopra il tempio e sulla nostra sfera.
Annunci la quiete o ripeti la bufera?

(11 febb. 1998, 10:45 AM. revised 17 dicember 1998)


genziana

Anno mirabilis

Mirabile, un giro del sole
scandisce il tuo breve sentiero
segnato da luci albicocca
tam-tam di treni africani
gabbiani impazziti di luce
lampeggi di mani
e di labbra intrecciate
di sguardi meschini arenati
aldilà d’ogni mito e terrore.

Vapido volo inatteso
agognato ogni sera,
oscura pretesa d’amante
che spera l’inverno
proponga la primavera.

Un rapido-eterno estrapolare
la conca del cielo dal mare
il calmo ronzare del sole
le trasmigrazioni del cuore
il coito di un’ape col fiore
nella penombra del giorno
che lento si oscura. Anno

di soste e sospiri, di lotte
e di slittamenti sottili, di sberle
e carezze donate con squilibrata
tensione; di dialoghi e fughe
inattese, volgari, decodificate
gemelle del morbo d’amore:
anno di fiori, di aurore e sudore
sorpresi da questo scassato
lampione che squadra la sera.

(31 dicembre 1998)


genziana

Metafore astruse

Poichè nel paracadute del cielo
la luna è nascente, raccolgo parole
per rispecchiare il tuo viso di rosa
e un dolmen nel rogo con mani di spine.
Il pettirosso traspare nel folto,
mi scrivi: il cardinale muto ripete
nel frantumato cobalto degli alabastri,
nella schiuma biancospina dove
gemella l’amerindiana discende dal sole
quando il dolmen s’addormenta sulla neve.
Metafore astruse mimetizzano l’amore,
spiragli di lucenera sono cenere agli astri
dove una volta evaporava la dolcevita.
Vaghe parole incapaci di ristorare le note
esalate dalle tue labbra sbiadite
mentre il dolore ricostituisce il furore
che verde serpeggia nell’arco di fuoco.
Dubbio, incertezza, paura forse saranno
i barlumi salpati ogni giorno per ritrovare
un gradino nel nostro arenato giardino

Copyright © 1998 dell’autore Diritti riservati


genziana

Sognare dopo
Sigmund Freud

per Emilio e Tatiana

Se quella notte d’estate
baciavi la luna di miele
disvela forse il tuo sogno
un disegno, bisogno...?
    Dreaming after
Sigmund Freud

for Emilio and Tatiana

If on that summer’s night
you kiss the honey-moon
maybe the dream will reveal
the sign, your design...?


genziana

CHRISTMAS

I am
the rose
breastfeeding
the winter
/ NATALE

sono
la rosa
che allatta
l’inverno
I am
the Alpha
attending
the Omega
sono
l’aurora
che attende
la croce
the empty/fullness
outlining
the Void
il tutto/nulla
che illumina
il Vuoto



genziana

Anno mirabilis, 1998

Mirabile, il gioco del sole
scandisce il tuo breve sorriso
segnato da luci albicocca
tam-tam di piedi africani
gabbiani insabbiati da fame
lampeggi di mani
e di labbra incrociate,
di sguardi meschini arenati
aldiquà d’ogni mito e pudore.

Vapido volo inatteso
agognato ogni sera
come protesta d’un fiore
che spera l’inverno
provochi la primavera.

Un rapido-eterno estrapolare
la conca del cielo dal mare
il calmo ronzare del sole
le trasmigrazioni del cuore
il coito di un’ape col stelo
nella penombra del giorno
lento che oscura. Anno

di soste e sospiri, di lotte
e slittamenti sottili, di sberle
e carezze donate con equilibrata
tensione; di dialoghi e fughe
inattese, volgari, decodificate
gemelle del morbo d’amore:
anno di aurore, promesse, sudori
sorpresi da questo dimenticato
lampione che irradia un giardino.


(31 dicembre 1998)


genziana

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